IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunziato la seguente ordinanza, sul ricorso n. 3354/2000 proposto da Ecograf S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Massimo Malvestio e Vincenzo Pellegrini, con elezione di domicilio presso lo studio dell'avv. Emanuela Rizzi in Venezia, Dorsoduro, 3440; Contro la provincia di Treviso, in persona del Presidente della giunta provinciale rappresentata e difesa dagli avv. Franco Botteon ed Antonio Sartori con elezione di domicilio presso lo studio del secondo in Venezia S. Croce, n. 205; la Regione Veneto, in persona del presidente della giunta regionale rappresentata e difesa dall'avv. Giorgio Orsoni, con elezione di domicilio presso il suo studio in Venezia, S. Croce, n. 205; e con l'intervento ad adiuvandum della Societa' Vidori Servizi Ambientali S.r.l., in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Vincenzo Pellegrini con elezione di domicilio presso lo studio dell'avv. Emanuela Rizzi in Venezia, Dorsoduro 3440; per l'annullamento del provvedimento della Provincia di Treviso con il quale e' stato disposto, con riferimento allo smaltimento di rifiuti provenienti da fuori regione nell'impianto di tipo II B di proprieta' della ricorrente, un limite pari al 15% della capacita' residua; della circolare della Regione Veneto n. 5656/311.111 del 30 maggio 2000 avente ad oggetto primi indirizzi operativi di applicazione della legge regionale 21 gennaio 2000 n. 3 e atti connessi; e per la condanna della Provincia di Treviso e della Regione Veneto al risarcimento dei danni subiti e subendi ai sensi dell'an. 35 d.lgs. n. 80/1998 come modificato dalla legge n. 205/2000. Visto il ricorso, regolarmente notificato e depositato presso la segreteria del tribunale, con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Veneto e della Provincia di Treviso; Visto l'atto di intervento ad adiuvandum; Visti gli atti tutti della causa; Uditi all'udienza pubblica del 4 luglio 2001 (relatore il consigliere Riccardo Savoia) i procuratori delle parti; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F a t t o La societa' ricorrente e' proprietaria dell'impianto di smaltimento rifiuti di seconda categoria, tipo B (per lo smaltimento di rifiuti speciali), sito in Preganziol (Treviso), localita' Borgo Verde, approvato con decreto del presidente della giunta regionale del Veneto n. 1340 del 26 luglio 1990 e autorizzato all'esercizio con decreti provinciali n. 2014/S del 17 novembre 1997, n. 2179/S del 10 ottobre 1998 e n. 752 del 9 novembre 1999. L'impianto e' stato realizzato e avviato sulla base di un piano economico di gestione che prevedeva lo smaltimento di una determinata quantita' minima giornaliera di rifiuti speciali, nel rispetto di quanto autorizzato. L'attivita' dell'impianto, a causa dell'insufficiente offerta di smaltimento di rifiuti speciali provenienti dalla Regione Veneto (liberi di circolare e di essere smaltiti anche al di fuori della regione), si e' ben presto basata, per una percentuale preponderante, sullo smaltimento di rifiuti provenienti da fuori regione, nel pieno rispetto della legge e dell'autorizzazione. Oggi, lo smaltimento di rifiuti provenienti da fuori regione rappresenta circa l'80% dell'attivita' complessiva dell'impianto ed e' dunque vitale per la societa' ricorrente. Improvvisamente, dopo diversi anni dall'avvio dell'attivita', con decreto n. 819 del 21 agosto 2000, a firma del dirigente del settore ecologia, ambiente e gestione del territorio, la provincia, in dichiarata applicazione dell'art. 33, commi 2, 3 e 4 legge regionale n. 3/2000, ha introdotto il divieto per la societa' ricorrente di smaltire nel proprio impianto rifiuti provenienti da fuori regione in misura superiore al 15% della capacita' ricettiva residua della discarica. Tale provvedimento priva improvvisamente la societa' ricorrente di una parte essenziale e vitale della propria attivita', dopo anni dall'avvio, mettendone in serio pericolo la stessa sopravvivenza nel mercato. Esso costituisce applicazione di una disposizione di legge regionale che la societa' ricorrente reputa costituzionalmente illegittima, secondo principi gia' esposti in recenti decisioni della Corte costituzionale e piu' volte ribaditi - sia pure in sede amministrativa e dunque avverso atti amministrativi generali - dall'Autorita' garante della concorrenza e del mercato. Si sono costituite le amministrazioni resistenti contestando l'assunto e concludendo per la reiezione del ricorso. Ha proposto intervento ad adiuvandum altra societa' esercente la medesima attivita' della ricorrente, aderendo alla questione di costituzionalita' della norma veneta. La domanda di sospensione dell'efficacia dell'atto impugnato e' stata respinta con ordinanza del 30 novembre 2000, n. 1762. All'odierna udienza, dopo produzione di ulteriori memorie e discussione, la causa e' passata in decisione. D i r i t t o La ricorrente impugna l'atto con cui la Provincia di Treviso, in applicazione della legge regionale del Veneto n. 3/2000 ha disposto il limite del 15% della capacita' residua della discarica per lo smaltimento dei rifiuti speciali provenienti da fuori regione. Premesso che la norma potrebbe avere riferimento alle sole discariche nuove, e non a quelle esistenti all'atto della sua entrata in vigore, come quella della ricorrente, e in tal caso il provvedimento impugnato sarebbe per cio' solo illegittimo, la ricorrente censura in via gradata la norma regionale citata ritenendola in contrasto con gli artt. 3, 11, 32, 41 e 117 Cost. Ritiene il collegio che la disposizione in parola debba essere applicata anche alle discariche gia' esistenti, posto che l'art. 33 comma 4 fissa al 9 agosto 2000 il divieto di conferimento di una quota superiore al 15% della capacita' residua della discarica, non distinguendo tra nuove discariche e discariche gia' esistenti - e infatti richiedendo anche per queste ultime la presentazione di apposita istanza con allegato il planivolumetrico aggiornato onde accertare tale capacita' residua, - sicche' l'atto impugnato risulterebbe, per questo profilo, legittimo e conforme alla norma regionale. Diviene a questo punto rilevante, allora, lo scrutinio di legittimita' costituzionale della disposizione stessa, che', nel caso di acclarata incostituzionalita', sarebbe viziata la previsione ostativa impugnata dalla ricorrente. In via preliminare, le parti resistenti chiedono che in applicazione dell'art. 234 del Trattato (gia' art. 177), venga rinviata la questione alla Corte di giustizia, per verificare la congruenza della normativa regionale in esame rispetto agli obiettivi e indirizzi desumibili dalla normativa comunitaria. Secondo costante giurisprudenza, spetta unicamente al giudice nazionale valutare sia la necessita' di una pronuncia in via pregiudiziale per essere posto in grado di statuire nel merito, sia la pertinenza delle questioni sottoposte alla Corte. (Corte di giustizia, sez. VI, 25 giugno 1997, ric. Tombesi e altri). Ora, come esattamente osserva la ricorrente, e' il legislatore nazionale che, per raggiungere lo scopo dell'autosufficienza nazionale allo smaltimento, ha introdotto distinzioni sconosciute al diritto comunitario, come quella tra rifiuti urbani e speciali, da cui discendono i diversi principi in materia di circolazione interna che costituiscono il parametro di legittimita' costituzionale della disposizione regionale, come del resto risulta dalle pronunce del giudice costituzionale richiamate infra, con la conseguenza che non sussiste nella specie alcuna necessita' di un rinvio pregiudiziale. Dispone dunque l'art. 33 della legge regionale del Veneto 21 gennaio 2000, n. 3: 1. - Ferme restando le disposizioni di cui all'art. n. 5, comma 6, del d.lgs. n. 22/1997 e successive modifiche ed integrazioni, le nuove discariche per rifiuti speciali, diverse da quelle per rifiuti inerti di seconda categoria tipo A ai sensi della deliberazione Comitato Interministeriale del 27 luglio 1984, possono essere realizzate da: a) soggetti singoli o associati per lo smaltimento dei rifiuti derivanti dalle loro attivita' di produzione di beni ubicate nel territorio regionale; b) soggetti titolari di attivita' di trattamento o recupero di rifiuti, ubicati nel territorio regionale, come individuati negli allegati B e C del d.lgs. n. 22/1997, per lo smaltimento dei rifiuti derivanti dalle loro attivita', ad esclusione di coloro che esercitano soltanto le operazioni di cui ai punti DI 5 e R 13 dei citati allegati. 2. - Nelle discariche di cui al comma 1 e' riservata una quota, non superiore al venticinque per cento della capacita' ricettiva, per lo smaltimento di rifiuti speciali conferiti da soggetti diversi da quelli indicati al medesimo comma. 3. - Nelle discariche di cui al comma 1, a seguito di esplicita richiesta formulata dal soggetto proponente, puo' essere autorizzato il conferimento di rifiuti speciali prodotti al di fuori del territorio regionale, per una ulteriore quota non superiore al quindici per cento della capacita' ricettiva, considerando tali anche i rifiuti che nel Veneto siano solamente transitati attraverso stoccaggi provvisori, ovvero siano sottoposti a trattamento preliminare allo smaltimento in discarica, quali ad esempio, la riduzione volumetrica, la miscelazione, la inertizzazione, la stabilizzazione e la solidificazione. 4. - Le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 si applicano alle discariche in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge a decorrere da sei mesi dalla medesima data. La quota di rifiuti riservata si calcola sulla capacita' residua della discarica alla medesima data. La ricorrente ritiene illegittimo il limite del 15% fissato dal comma 3, perche' in contrasto: con l'art. 11 e 117 Cost., perche' violativo dei limiti degli interessi nazionali e dei principi della materia, fissati con d.lgs. n. 22/1997 che costituisce il recepimento normativo delle direttive comunitarie, nonche' delle competenze attinenti alla programmazione nazionale spettanti allo Stato; con l'art. 3, per disparita' di trattamento tra operatori di diverse regioni; con l'art. 41, per lesione alla liberta' di iniziativa economica, con l'art. 120, per imposizione di ostacoli e limitazioni alla libera circolazione di cose. Il collegio concorda con la prospettazione della ricorrente alla luce delle considerazioni che seguono, suffragate da quanto precisato dalla pronuncia n. 335 del 19 ottobre 2001 dalla Corte costituzionale, pubblicata nelle more della redazione della presente ordinanza, relativa all'esame di costituzionalita' di norme regionali comportanti il divieto assoluto di smaltimento di rifiuti extraregionali. Orbene afferma la Corte: "La questione e' fondata nei limiti di seguito prospettati. Le censurate norme della Regione Friuli-Venezia Giulia, che sostanzialmente dispongono il divieto di smaltimento nelle discariche regionali dei rifiuti di provenienza extraregionale anche rispetto, secondo il giudice a quo, ai "rifiuti speciali, non tossici e non nocivi , vanno scrutinate tenendo conto, in particolare, del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, che ha sostituito, confermandone peraltro i principi, il previgente d.P.R. n. 915 del 1982 e che disciplina la "gestione dei rifiuti mediante disposizioni che si autoqualificano principi fondamentali della legislazione statale, ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, nonche' "norme di riforma economico-sociale nei confronti delle regioni a statuto speciale. La giurisprudenza costituzionale si e' occupata piu' volte del problema, posto dalla legislazione regionale, relativo al divieto di smaltimento in ambito regionale di rifiuti di provenienza extraregionale, pervenendo sostanzialmente ad una duplice soluzione in relazione alla tipologia dei rifiuti in questione. Da un lato, infatti, si e' statuito, proprio in riferimento alle stesse norme regionali in esame, che alla luce del principio dell'autosufficienza - stabilito espressamente dall'art. 5, comma 3, lettera a), del decreto n. 22 del 1997 - il divieto di smaltimento dei rifiuti di produzione extraregionale e' pienamente applicabile ai rifiuti urbani non pericolosi nonche' ai rifiuti speciali assimilabili (sentenza n. 196 del 1998); dall'altro lato, si e' invece statuito che il principio dell'autosufficienza locale ed il connesso divieto di smaltimento dei rifiuti di provenienza extraregionale non possono valere per quelli "pericolosi - comprensivi quindi anche, secondo la disciplina introdotta dal decreto n. 22 del 1997, di quelli che la previgente normativa del d.P.R. n. 915 del 1982 definiva "tossici e nocivi - i quali necessitano di processi di smaltimento appropriati e specializzati (sentenza n. 281 del 2000). E' pertanto nell'ambito di questa duplice soluzione giurisprudenziale che va inquadrata la questione in esame che riguarda i rifiuti "speciali non pericolosi, antecedentemente defmiti "non tossici e non nocivi , per i quali occorre dunque verificare se valga o meno il criterio prioritario della autosufficienza nello smaltimento, tenendo conto che la disciplina legislativa dei conferimenti nelle discariche prende in considerazione sia il luogo di produzione sia le caratteristiche di pericolosita' dei rifiuti. Ed invero il criterio del luogo d'origine, valutato insieme con l'assenza di elementi di pericolosita', e' stato seguito nei confronti dei rifiuti urbani non pericolosi, rispetto ai quali l'ambito territoriale ottimale per lo smaltimento "e' considerato logicamente limitato e predeterminabile in relazione ai luoghi di produzione , stabilendo infatti l'art. 23 del decreto n. 22 che esso coincida di regola con il territorio provinciale, in modo da garantire al suo interno l'autosufficienza dello smaltimento (sentenza n. 281 del 2000). Invece il criterio della pericolosita' e' stato ritenuto prevalente rispetto a quello del luogo di produzione in riferimento ai rifiuti che si definiscono appunto pericolosi, giacche' per il loro smaltimento, date le loro caratteristiche, appare prioritaria, alla luce del principio desumibile dall'art. 5, comma 3, lettere b) e c), del decreto n. 22, l'esigenza di impianti appropriati e specializzati e di tecnologie idonee; esigenza che contrasta con una rigida predeterminazione di ambiti territoriali ottimali e con la connessa previsione di autosufficienza locale nello smaltimento. Cio' premesso, va ricordato che i rifiuti "speciali , secondo la classificazione dell'art. 7 del citato decreto n. 22, costituiscono una variegata tipologia comprensiva, prescindendo dalle caratteristiche di eventuale pericolosita', di ben dieci categorie di rifiuti di diversa origine. La loro produzione e' generalmente connessa ad attivita' lavorative: di tipo agricolo, edilizio, industriale, artigianale, commerciale, sanitario e cosi' via, sicche' la loro localizzazione normalmente non e' distribuita in modo omogeneo sul territorio e comunque non e' facilmente predeterminabile, cosi' come non e' facilmente prevedibile la dimensione quantitativa e qualitativa del materiale da smaltire. Va inoltre considerata, in relazione a questa tipologia di rifiuti che presentano caratteristiche cosi' diverse tra di loro, la necessita' che siano utilizzati impianti di smaltimento appropriati o addirittura, per qualcuna delle categorie indicate, come ad esempio i rifiuti sanitari o i veicoli a motore, impianti "specializzati , secondo quanto appunto prevede l'art. 5, comma 3, lettera b) del decreto n. 22 del 1997, che, sul punto, oltre tutto, conferma l'impianto del previgente d.P.R. n. 915 del 1982. Risulta dunque evidente la ragione per cui anche per i rifiuti "speciali , al pari di quelli pericolosi, il legislatore statale non predetermina un ambito territoriale ottimale, che valga a garantire l'obiettivo specifico dell'autosufficienza nello smaltimento, fissato in modo espresso dall'art. 5, comma 3, lettera a), del decreto n. 22 per i soli rifiuti urbani non pericolosi. In questa ottica appare quindi incongruo il divieto di conferimento nelle discariche regionali, imposto dalle norme censurate, di rifiuti speciali provenienti da altre regioni, in quanto tale divieto non solo puo' pregiudicare il conseguimento della finalita' di consentire lo smaltimento di tali rifiuti "in uno degli impianti appropriati piu' vicini (art. 5, comma 3, lettera b) del decreto n. 22 del 1997), ma introduce addirittura, in contrasto con l'art. 120 della Costituzione, un ostacolo alla libera circolazione di cose tra le regioni, senza che sussistano ragioni giustificatrici, neppure di ordine sanitario o ambientale (cfr. sentenze n. 207 del 2001, n. 362 del 1998 e n. 264 del 1996). Del resto, anche alla luce della normativa comunitaria il rifiuto e' pur sempre considerato un "prodotto", in quanto tale fruente, in via di principio e salvo specifiche eccezioni, della generale liberta' di circolazione delle merci. In questo senso va in particolare segnalato che la Corte di giustizia delle Comunita' europee ancora recentemente ha statuito, a proposito di certi rifiuti speciali non pericolosi, che l'art. 34 del Trattato CE (ora art. 29 CE) si oppone ad un sistema di raccolta e di presa in carico che costituisca, di fatto o di diritto, un ostacolo all'esportazione; "tale ostacolo non puo' essere giustificato alla luce dell'art. 36 del Trattato CE [divenuto, in seguito a modifica, art. 30 CE], o mediante il richiamo a finalita' di tutela dell'ambiente (...), in mancanza di qualsiasi indizio di pericolo per la salute o la vita delle persone o degli animali, o per la preservazione delle specie vegetali, ovvero di pericolo per l'ambiente (Corte di giustizia, sentenza 23 maggio 2000, causa C209/98). Va quindi esclusa la possibilita' di estensione ai rifiuti diversi da quelli urbani non pericolosi del principio specifico dell'autosufficienza locale nello smaltimento e va invece applicato - come questa Corte ebbe modo di affermare nella ricordata decisione n. 281 del 2000 a proposito dei rifiuti "pericolosi - anche ai rifiuti "speciali non pericolosi il diverso criterio, pure previsto dal legislatore, della specializzazione dell'impianto di smaltimento integrato dal criterio della prossimita', considerato il contesto geografico, al luogo di produzione in modo da ridurre il piu' possibile la movimentazione dei rifiuti, secondo la previsione dell'art. 22, comma 3, lettera c) del citato decreto n. 22 del 1997. In definitiva, le argomentazioni che precedono dimostrano che il divieto di smaltimento nelle discariche regionali di rifiuti di provenienza extraregionale contenuto nelle norme della Regione Friuli-Venezia Giulia denunciate contrasta, nella parte in cui riguarda i rifiuti diversi da quelli urbani non pericolosi, con l'art. 120 della Costituzione ed inoltre non si adegua alle citate norme di riforma economico-sociale introdotte in materia dal decreto n. 22 del 1997. Restano cosi' assorbiti gli ulteriori profili di censura." Dunque riassumendo lo stato delle pronunce a oggi e' il seguente: per i rifiuti urbani non pericolosi e quelli speciali assimilabili, la decisione n. 196/1998 ha stabilito il principio della "proximity", con divieto di smaltimento extraregionale; per i rifiuti pericolosi e quelli tossico nocivi la sentenza n. 281/2000 ha stabilito il principio dello smaltimento presso impianti specializzati, principio che supera quello dalla vicinanza, con impossibilita' di imporre veti allo smaitimento extraregionale; per i rifiuti speciali non pericolosi la sentenza n. 335/2001 ha stabilito parimenti che il principio della vicinanza cede di fronte alla necessita' di smaltimento in impianti specializzati. Pertanto, riguardando il caso in esame rifiuti speciali, la norma regionale si porrebbe nell'ambito delle stesse fattispecie gia' scrutinate dalla Corte costituzionale. Assumono invece la legittimita' della disposizione regionale, anche in tale, riconosciuto quadro, le resistenti amministrazioni, sostenendo sia che la norma regionale non contiene un divieto assoluto allo smaltimento extraregionale, sicche' la fattispecie si presenterebbe diversa e non sarebbe ipotizzabile l'assimilazione alla situazione esaminata dalla pronuncia n. 281/00, sia che, in ogni caso, al giudice remittente sarebbe interdetta la possibilita' di censurare la misura della quantita' smaltibile, attenendo questa a profili di discrezionalita' legislativa. Ora, a prescindere dalla considerazione assorbente che la norma, limitando la libera circolazione dei beni, va a incidere sulla complessiva disciplina del trattamento dei rifiuti speciali, la cui competenza deve essere, anche nell'assetto recato dal titolo V della Costituzione nel nuovo art. 117, lettera s) riservata allo Stato (tutela dell'ambiente e dell'ecosistema), sicche' sarebbe invece interdetta alla regione comunque l'adozione di una norma siffatta, ritiene il collegio che anche la misura prescelta sia illegittima nella parte in cui comprime sensibilmente la possibilita' di smaltimento extraregionale. Dispone infatti la norma la riserva di una percentuale del 15% non in relazione alla capacita' complessiva della discarica (es: ipotizzando questa pari a 100, il dato assoluto sarebbe 15), bensi' a quella residua alla data di entrata in vigore della legge (ipotizzando questa pari a 60, il dato assoluto sarebbe 9), con una ulteriore riduzione, dunque, della possibilita' di smaltimento medesima. In altri termini la disposizione apparentemente consente il conferimento di una quota che e' tuttavia talmente irrisoria - o puo' potenzialmente esserlo - da vanificare, in sostanza, la possibilita' di smaltimento di rifiuti extraregionali, sicche' diviene difficile individuare differenze concrete tra il divieto assoluto previsto nelle leggi del Piemonte e del Friuli Venezia Giulia e quello, temperato nella forma ma non, per quanto detto, nella sostanza, della legge veneta. Come osserva la ricorrente, del resto, il principio della prossimita' puo' ben essere coniugato con quello della specialita' anche indifferentemente dalla riserva infraregionale, laddove si pensi a impianto bensi' ubicato in regione confinante, ma viciniore rispetto a quello analogo situato nel territorio regionale. Conclusivamente, per tutte le considerazioni finora svolte, atteso che la dedotta questione di costituzionalita' appare rilevante per la decisione del ricorso, e non manifestamente infondata, si rende necessario sospendere il presente giudizio di merito, in attesa che la Corte costituzionale si pronunci sulla eccezione di incostituzionalita' dell'art. 33, commi 3 e 4, della legge 21 gennaio 2000, n. 3 per violazione degli artt. 3, 11, 41, 117, 120 della Costituzione, e per contrasto con le norme recate dal d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 22, nella parte in cui prevede il divieto di conferimento di rifiuti speciali provenienti da fuori regione, consentendo una deroga per una quota non superiore al 15% della capacita' ricettiva residua alla data di entrata in vigore della legge. Con riserva di ogni altra pronuncia.